Timone e colombo

E cosi, in uno di quei giorni in cui l’orizzonte sembrava impeccabilmente piatto, il timone scorse in lontananza un oggetto indefinito. Non era un punto chiaro sulla mappa, ma solo una sagoma incerta che esercitava un’attrazione strana, quasi inspiegabile.

Il timone inizio a girare lentamente il proprio asse, dirigendo la nave verso quell’obiettivo inquietante. In ogni rotazione dei suoi raggi si rifletteva un sentimento nuovo – dalla paura al desiderio incontenibile di svelare il mistero di quel fantasma e capire cosa sarebbe successo avvicinandosi.

Il timone sognava. Navigava, accecato dalle onde della propria immaginazione. A volte era serio e riflessivo, altre volte si dissolveva nel respiro leggero del vento. Il mare lo avvolgeva con la sua salsedine, mentre la tempesta strappava la polvere accumulata nei giorni del solstizio infuocato. A tratti brillava, a tratti appariva appiccicoso, ma aspettarsi costanza non aveva senso.

In quella svolta decisiva, al timone apparve una piccola vite in piu’. Si trasformava in simboli d’amore e separazione. In lui cresceva sempre di piu ’ l’intuizione, mentre il raziocinio e la logica assomigliavano sempre piu ’ alla coda di un pavone, dissolvendosi in colori e forme.

Rapito dalla navigazione in quel mare sconfinato di immagini, il timone sbatteva contro onde insormontabili. A volte riusciva ad attraversarle, cercando di superare le sue paure e inquietudini.

A volte si fermava, quando vicino alla barca apparivano pinne di squali. Disegnavano e scrivevano sulla superficie liscia e azzurra. Il timone osservava, cercando di non disturbare quel potente gioco di segni e enigmi.

Poi raccoglieva le sue forze e osava avanzare, verso quella forza di cui non esistevano ne cronache ne tentativi di decifrare il presagio.

E cosi, avvicinandosi, scorse una sagoma. Ondulata, a tratti soffice. “Un batuffolo bianco”, penso’, e accelero’. Ma all’improvviso l’essere dispiego’ le ali e, lasciandosi dietro immense onde, scomparve in lontananza. Il timone vacillo’.

— Oh, no! Dove vai? Io… tu… dobbiamo parlare…! — grido’, ma il vento rubava le sue parole.

I giorni passavano tra pensieri e inquietudini. La vicinanza si era trasformata in una malinconia soffocante, in una ferita mortale. Gli occhi del timone si gonfiavano come nuvole, e il suo sguardo svaniva dietro un velo nero.

Ma in una di quelle notti, mentre una pioggia battente colpiva la superficie lucida del suo cerchio, il timone cercava di scrollarsi di dosso lacrime insensate. Proprio nel momento in cui scacciava un’ultima goccia, un bianco colombo bagnato piombo’ su di lui e si poso ’ li’. Gli artigli affilati graffiavano le maniglie laccate, mentre il colombo lo fissava negli occhi, premendosi sempre piu ’ forte e disegnando qualcosa di indecifrabile.

Era candido, con occhi verdi i cui riflessi penetravano con una profondita’ insondabile. Il suo piumaggio sembrava un abito d’aria, e la sua leggerezza faceva tremare il timone, che temeva di spezzare quell’equilibrio impalpabile. Il colombo batte’ tre volte il becco, come lasciando un segno segreto, poi dispiego’ le ali, volo’ sulla parte piu ’ alta della nave e non se ne ando’ mai piu’.

In questo viaggio, navigano insieme il timone e il colombo. Le loro vite si sono intrecciate nel mistero, e quel mistero ancora scivola sul mare.

17 03 25 Bologna


Рецензии